05 May 2010

Wiedergründungsfeier der Schützenkompanie Katharina Lanz - Al Plan, St. Vigil, 25. April 2010

Crist. Al Plan de Mareo.

Schützenkompanie Katharina Lanz - Al Plan.

Scizer fascian.

Thomas. Schützenkompanie Enneberg.

Comandant dai scizeri fasciagn.

Schützenkompanie Katharina Lanz. Mjr. Günther Obwegs. Ladinervertreter im SSB.

Katharina da Sarjei.

Daniel y Simon dan le monumont de Katharina Lanz.

Hptm. Max Brandlechner Hauptmann.

Stimada popolaziun, stimades autoritês, stimês ghesc d'onur, cêrs scizeri y margatenteres.
Da ester member da na uniun dai scizeri po vignönn contribuí a porté ennant valurs ince tal dagní. Con plajei pon constaté che tles compagnies dai scizeri tut sö tres plü trec membri jogn; cösc é en segn de identité y de speranza por i agn co ven.

Vitus da Torpei.

Vitus da Torpei y Hubert da Gorge.

Luca de Arcangelo.

Vitus da Torpei, Hptm. Max Brandlechner Hauptmann, Andrea da Sarjei y Hubert da Gorge.

Scizer fascian.

St. Vigil in Enneberg, 25. April 2010.

Scizer fascian.

Maria y Nane da Torpei.

Maria y Nane da Torpei.

Ladiner sind besondere Tiroler!

Grüß Gott in Al Plan - St. Vigil.

Die Schützenkompanie "Katharina Lanz - Al Pan" feiert ihre Wiedergründung.

Treu zu Tirol.

Ladinien ist ein Teil Tirols!

Willkommen im Schützenbund!

Bruno. Schützenkompanie Enneberg.

Fam. Kastlunger.

Ihren blogger mit Marketenderinn Elisabeth dal Ombolt.

Ted Ligety, U.S.A Ski Champion alla fiera Prowinter di Bolzano

Le Crist de Col. Pieve di Marebbe. Bolzano.

Il vostro blogger con scultura gardenese.

Ted Ligety e Stefano. www.prowinter.it

Alpina.

Martin Corradini, Stefano diplomato maestro di sci e Hans Berger, assessore provinciale al turismo.

Stefano e Susan.

Davanti al Duomo di Bolzano.

Fiori a Bolzano.

Offerta minima € 2,00.

Monte Pütia visto da Torpei. San Vigilio di Marebbe.

Un'angolo di pace. Col. Pieve di Marebbe.

Bambi al pascolo. Col. Pieve di Marebbe.

Suor Clara e la sua mamma.

Le Crist de Col. Pieve di Marebbe. Bolzano.

12 April 2010

Basta con il chiacchiericcio! Adoriamo il Signore!

Gesú ci guarda!


É primavera!

Il vostro blogger a Bressanone. Cittá vescovile.

Stefano con padre Sylvester, missionario comboniano. Bressanone. www.comboni.de

Alex e Chiara.

PRETI SMARRITI TORNATE AL SILENZIO

Pochi. Vanitosi. Carrieristi. «Attivisti», vale a dire persi nell' azione minuta, nei convegni, quando non in tv, e dimentichi della liturgia e della loro vera missione. È un ritratto pieno di severità, oltre che di amore, quello che Massimo Camisasca dipinge dei sacerdoti nel suo nuovo saggio, Padre (pagine 221, 16) che le edizioni San Paolo mandano ora in libreria. L' autore è il biografo di don Giussani, lo storico di Cl - di cui è «ambasciatore» in Vaticano - il fondatore della fraternità San Carlo Borromeo che riunisce in case comuni sacerdoti da Roma alla Siberia, dall' Uruguay all' Africa nera. Nell' anno che la Chiesa dedica al sacerdozio, Camisasca ha scritto un libro molto «ratzingeriano». «Il prete - spiega l' autore - oggi è ucciso dalla sua proiezione verso l' esterno. È ucciso dall' attività, dai convegni, dai documenti. È molto spesso segnato negativamente dalle tecnologie. Occorre che il sacerdote riscopra il valore positivo del silenzio, della lettura, dello studio. Che ritrovi il proprio legame con il passato per potersi slanciare nel futuro. Che scenda in profondità nel determinare la propria agenda. Invece la vita del prete oggi è spesso parcellizzata in un' infinità di piccole risposte, che lo esauriscono e gli danno l' impressione di una vita sciupata e non donata». Per il prete, scrive Camisasca, «l' ancora della vita non può essere l' attività, l' azione. L' agire, il fare, l' operare sono realmente una fonte di alimentazione soltanto se, al fondo del nostro essere, noi sappiamo nutrirci continuamente del rapporto con Dio. Altrimenti l' azione ci svuoterà, ci stancherà e, dopo averci inebriato, ci distruggerà». Da qui, sostiene Camisasca, lo smarrimento. La ricerca di fama. L' abbaglio della superficialità. E anche lo sbandamento. Il cui rimedio, secondo Camisasca, non va cercato nel mettere in dubbio il celibato dei preti. «Il libro dedica molto spazio alla questione affettiva, che ha un ruolo fondamentale nella vita dei sacerdoti. Ma sono profondamente convinto - dice l' autore - che l' abolizione del celibato non porterebbe nessun bene alla vita dei preti. All' opposto, introdurrebbe nella loro vita problemi che l' appesantirebbero. Il celibato non è l' esclusione né degli affetti né della sessualità, ma è un uso diverso di essi. Il celibato non nasce dal disprezzo della vita familiare: le due vocazioni sono nate per integrarsi e sostenersi a vicenda. Non nasce dal disprezzo della sessualità. Ha, in ultimo, una sola ragione: la scelta di Gesù di essere interamente per il Padre e per i suoi». Sostiene Camisasca che, «perché sia possibile una vita affettiva matura, occorre che ci sia un padre. I vescovi devono dedicare più tempo ai loro sacerdoti e seminaristi: i preti devono fare l' esperienza di essere figli, per poter diventare padri del loro popolo. Alla radice della solitudine del prete c' è spesso un' agenda del vescovo troppo occupata in dibattiti, riunioni, incontri, che tolgono possibilità al prete di essere in contatto con lui». Fondamentale anche il tema dell' amicizia: «La Chiesa ne ha ancora molta paura. Ma non si arginano le patologie se non si aiuta lo sviluppo di una vita sana. Le amicizie morbose e negative, che non sono perciò propriamente amicizie, non devono chiuderci al valore essenziale di quei legami di preferenza che aprono all' amore per gli altri e ci aiutano a capire chi sia Dio». La crisi c' è e Camisasca non la nega. «Alla morte di Montini, nel ' 78, i sacerdoti diocesani erano oltre 41 mila. Al termine del grande pontificato di Wojtyla, che per molti ha coinciso con una rinascita della Chiesa e per taluni con un aumento del suo potere, erano 33 mila. Un quarto in meno. Il 60% dei sacerdoti italiani è stato ordinato prima del ' 78. Un clero invecchiato. Chiediamoci cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stato Giovanni Paolo II». I rimedi? «Occorre educare i giovani nei seminari a distaccarsi da una sessualità percepita solo come strada verso un godimento effimero; aiutarli a non temere la solitudine, il sacrificio, il dolore; aprire loro gli orizzonti mondiali cui li chiama una vocazione così concreta come il sacerdozio (in Africa e in Asia le vocazioni sono in grande aumento). E occorre che i preti tornino a studiare. Il silenzio, la riflessione non sono la negazione della vita attiva, ma la loro condizione. Fondamentale è il recupero della liturgia: se il sacerdote non ritrova il senso vero della liturgia nella sua vita non può ritrovare se stesso. La liturgia non è un' azione in cui il prete deve farsi notare. Non è il luogo della sua creatività personale, non è uno spettacolo. Non nego la positività del Vaticano II; dico che contemporaneamente è avvenuto un impoverimento da cui dobbiamo risollevarci».


Tinki.


Borgo di Val. San Vigilio di Marebbe.

Borgo di Val. San Vigilio di Marebbe.

Torpei. San Vigilio di Marebbe. Sullo sfondo i monti di Fanes.

Neve di primavera. Torpei. San Vigilio di Marebbe.

Stefano e Simon. www.skisporting.com

10 March 2010

Mario Asti, Case della Caritá, Fontanaluccia, Modena.


Chiara e Sisko.

Abbazia di Novacella. Bressanone. www.kloster-neustift.it

Milena.

Marion e Topolina.

Margareth e Rita. www.pechdalplan.it

Il vostro blogger. Carnevale 2010.

San Vigilio di Marebbe. Bolzano. Italia.

Tavole di legna.

Ciasa dal Ferber.

PERSECUZIONE RELIGIOSA SONO 825 I MORTI DAL 2003

L' appello del Papa per i cristiani in Iraq «Il governo li salvi»

A Mosul in corteo contro il massacro

CITTÀ DEL VATICANO - «Sono affettuosamente vicino alle comunità cristiane dell' intero Paese: non stancatevi di essere fermento di bene per la patria a cui, da secoli, appartenete a pieno titolo!». Benedetto XVI ha ammonito ieri le autorità dell' Iraq, «mi auguro che non si ceda alla tentazione di far prevalere gli interessi temporanei e di parte sull' incolumità e sui diritti fondamentali di ogni cittadino», e sillabato le ultime parole, «a pieno titolo», mentre in piazza San Pietro un gruppo di suore, preti e fedeli iracheni innalzava croci, bandiere e striscioni, «non ce la facciamo più». Poche ore prima, un migliaio di cristiani a Mosul («Il sangue degli innocenti vi chiama»)e altre centinaia a Bagdad e in una decina di città e villaggi dell' Iraq avevano sfilato in silenzio «contro il massacro» di una comunità che risale al II secolo, otto persone nelle ultime due settimane, «825 cristiani uccisi dal 2003», volantini di minaccia nelle vie dei cristiani, una «strategia sistematica», denuncia la Santa Sede, che fa fuggire i fedeli e ne ha dimezzato (sono l' 1 per cento) il numero in pochi anni. Così il Papa, che ha convocato per ottobre un sinodo sul Medio Oriente, ha dedicato loro l' Angelus di ieri: «Ho appreso con profonda tristezza le tragiche notizie delle recenti uccisioni di alcuni cristiani a Mosul e seguito con viva preoccupazione gli altri episodi di violenza, perpetrati nella martoriata terra irachena ai danni di persone inermi di diversa appartenenza religiosa». Durante la settimana di esercizi spirituali «ho pregato spesso per tutte le vittime di quegli attentati», ha spiegato Benedetto XVI: «Nella delicata fase politica che sta attraversando l' Iraq mi appello alle autorità civili, perché compiano ogni sforzo per ridare sicurezza alla popolazione e, in particolare, alle minoranze religiose più vulnerabili». Un appello al mondo: «Esorto la comunità internazionale a prodigarsi per dare agli iracheni un futuro di riconciliazione e di giustizia, mentre invoco con fiducia da Dio onnipotente il dono prezioso della pace». Gian Guido Vecchi

Lujanta e Moltina.

Aiüt Alpin Dolomites.

Top service! Rescue...

Tramonto al Plan de Sora. Monte Paracia.

Chiara.

Maria e Julia.

Chiara.

Mario Asti. Fontanaluccia. Casa della Caritá. Reggio Emilia.

Comboni-Missionare. Br. Hans Eigner: hans.eigner@comboni.de - www.comboni.de

ELZEVIRO GLI SCRITTI DI MANGANELLI, CALASSO E TERZANI

OLTRE L' ESOTISMO: GLI ITALIANI IN INDIA

Qui il divino è presente nei gesti quotidiani

Nel 1961, nel decennale dell' indipendenza, arrivano a Bombay due tra i più famosi scrittori italiani del tempo: Alberto Moravia, che i Penguin Books hanno fatto diventare famoso anche in India, e Pier Paolo Pasolini, l' autore-rivelazione di Ragazzi di vita e Una vita violenta, non ancora regista. Il primo impatto è devastante: la miseria atroce, i mendicanti, i lebbrosi, la sporcizia, le vacche «magre in modo osceno», le centinaia di persone che dormono sui marciapiedi, e il loro sonno è così fondo che «sembrano dei morti avvolti in sudari strappati e fetidi». Ma vedono anche la pazienza, la tenerezza, la sconvolgente mitezza indù. Quindici anni più tardi viaggia in India Giorgio Manganelli, e la grande qualità e finezza della sua scrittura riesce ad avvicinarci all' India in un modo un po' più approfondito. Anche per lui l' India rimane lo shock per eccellenza, insieme fisico e metafisico. Percorrendo la sterminata periferia di Bombay, pensa che «la sensazione che provocano le casupole infime, sudice, infette, barcollanti tra rigagnoli e immondizie, è stranamente liberatrice: non c' è alcun tentativo di velare, di nascondere, di eludere; la fondamentale sporcizia dell' essere, la sua qualità escrementizia e torbida, viene vissuta con pacatezza». Siamo nel Paese in cui esistono ancora i Maestri, i Profeti, e quando si parla di Verità si allude alla verità totale, cosmica. Viaggiare in India significa consegnarsi «al deposito di sogni, l' unico luogo dove esistono ancora gli dèi, ma come delegati di un Dio sprofondato in sé medesimo e contemporaneamente incarnato ovunque, un luogo di templi e di lebbrosi, dal quale il sorriso di Buddha o di Shiva non sono mai stati cancellati, morbidi e incomprensibili, estatici e mortali». Per Manganelli, diversamente da Moravia e Pasolini, non ci sarà per l' India una salvezza che non sia religiosa. L' India non è e non può diventare l' Occidente. Il modo asiatico di scoprire gli dèi è un procedimento «che si alimenta di una vocazione ai sogni e da un lato ne ha l' infinita inconsistenza e l' erratica inventività; e insieme riesce a pietrificare codesta materia sognata, lasciandole tutta la sua sterminata dilatazione labirintica, la genealogia delle incarnazioni, tutte successive e tutte contemporanee. Questo non è un luogo di vero e di falso, ma di una potenza fantastica...». Sarà proprio questa potenza fantastica ad affascinare Roberto Calasso, che ai magici intrecci delle antiche mitologie ha dedicato il suo ipnotico saggio-racconto Ka. Oggi lo scrittore italiano il cui nome viene quasi automaticamente associato all' India è quello di Tiziano Terzani, che in India aveva vissuto cinque anni, e tuttavia continuava a sentirsi, diceva, come un marziano che fosse arrivato nella Firenze di Dante e avesse preteso di capirla visitando qualche chiesa e ignorando i Vangeli. Da qui la decisione di affrontare i loro testi sacri. Per lui la sola vera grande rivoluzione che il Paese abbia mai conosciuto è stata religiosa, quella del buddhismo, cinque secoli prima della nascita di Cristo. Uno dei sui grandi valori religiosi, ahimsa, la non-violenza, ha plasmato a tal punto il carattere degli indiani che per almeno tremila anni non hanno invaso un altro Paese, non sono mai entrati da conquistatori nelle terre altrui. Hanno esportato sì la loro civiltà, la loro arte, i loro dei, ma attraverso architetti, scultori, sacerdoti, pensatori, scrittori. Così verso la fine dei suoi giorni, quando si è scoperto una malattia mortale e ha deciso di imparare a morire, cioè ad abbandonare il proprio involucro carnale, Terzani si è ritirato sull' Himalaya, e ha iniziato a studiare il sanscrito, convinto che l' origine di tutto sia in India, in quell' India che ha inventato lo zero e ha inventato l' Uno. Ancora oggi, ci avvertiva Terzani, nell' India pur modernizzata e in parte occidentalizzata, il divino è presente nella quotidianità della gente come in nessun altro Paese. È nel contadino che automaticamente tocca la terra prima di uscire di casa al mattino, e nel gesto di versare alcune gocce d' acqua sul cibo prima di mangiarlo; è nel modo stesso in cui la gente si saluta. Noi ci stringiamo la mano dopo averla aperta per mostrare che non nascondiamo armi, qui la gente unisce le mani al petto e si dice reciprocamente namasté: saluto la divinità che è in te. Ernesto Ferrero