28 March 2009

Tributo a Maria Bonino - Medico Missionario

Collegio studentesco Marianum. Bolzano.

Monte Pütia a Antermoia. La maestosità del Creato.

Interno della cappella in centro al paese di San Vigilio di Marebbe. Maria e Gesù.

Canalone di Sennes. San Vigilio di Marebbe.

Maria Bonino, medico missionario.

la madre ha incontrato il Papa in Angola, dove Maria Bonino è sepolta

«Mia figlia morì per curare i bambini africani e fu lasciata sola»

«In 50anni nessuno ha cercato una cura per quell'epidemia che fece tantissime vittime, tra cui lei»

LUANDA (Angola) – «Io accuso l’Europa, che sapeva ma in cinquant’anni non ha cercato una cura. In quell’epidemia morirono tantissimi bambini. Ma vede, questi bambini, tutte queste persone sono considerate di seconda categoria perché vivono qui, in Africa. Questo atteggiamento non è cristiano e non è umano». La signora Gabriella ha i capelli argentati e lo sguardo di sua figlia, una luce dolce che brilla dietro le lenti bifocali. «Maria diceva: se muoio in Africa, lasciatemi dove sono». La dottoressa Maria Bonino morì il 24 marzo del 2005 e l’indomani, Venerdì santo, la seppellirono in un cimitero angolano. La sua storia commosse l’Italia e il mondo: pediatra, volontaria dell’associazione “Medici con l’Africa Cuamm”, era responsabile del reparto infantile dell’ospedale di Uige e da mesi lavorava giorno e notte per assistere e cercare di curare i bambini colpiti dall’epidemia di febbre emorragica che infine, per stare vicino ai suoi bimbi, avrebbe ucciso anche lei: virus di Marburg, simile all’Ebola. E’ la prima volta che la madre trova la forza di venire in Angola, si avvicina l’anniversario e andrà a trovare Maria al cimitero. Racconta la sua storia nel centro Cuamm di Luanda, accanto a sé i volontri e don Luigi Mazzucato, per 53 anni direttore dell’associazione nata nella diocesi di Padova, la prima ong sanitaria (www.mediciconlafrica.org) riconosciuta in Italia, la più grande nella tutela della salute delle popolazioni africane.

L'INCONTRO DELLA MADRE CON IL PAPA - Sabato mattina la signora Gabriella ha incontrato Benedetto XVI nella chiesa di São Paulo, dopo la messa. E domenica il Papa, nell’incontro con i movimenti cattolici per la promozione della donna, citerà ad esempio la testimonianza e il sacrificio di sua figlia. Parlando con i giornalisti, nel volo verso l’Africa, Benedetto XVI aveva invocato «una vera amicizia verso le persone sofferenti, la disponibilità anche con sacrifici personali ad essere con i sofferenti». La signora mormora: «Oso dire che Maria è stata spinta da un esperienza interiore, sa, in famiglia siamo cattolici praticanti; anche il papà, che era medico, diceva sempre: bisogna dare, fare, ricordarsi degli altri». Sospira, fa un pausa. «Io sono solo un’insegnante in pensione», alza le spalle, e viene da invidiare i ragazzi che per decenni l’hanno avuta come professoressa di greco e latino.
Dolce e forte, la signora Gabriella.

«NESSUNO AIUTO MIA FIGLIA» - «La cosa più triste è che Maria aveva previsto che stava per accadere una cosa così grave. I bambini morivano senza motivo. Lei cominciò nell’ottobre 2004 a segnalare i primi casi sospetti, fino a febbraio del 2005 nessuno si fece vivo». Furono mandati campioni anche in Usa e Sudafrica. Solo il 22 marzo, due giorni prima della morte della dottoressa, e quando già erano morti almeno 80 bambini, secondo le cifre ufficiali, fonti ministeriali segnalarono che “da un preliminare rapporto Oms si escluderebbe l’Ebola, mentre si indica che dai sintomi riscontrati si possa trattare di “febbre di Marburg”. Solo che il virus di Marburg era stato individuato dal 1967 nell’omonima città tedesca. La signora Gabriella alza lo sguardo, la sua denuncia è netta: «Sì, io mi sento di accusare enormemente l’Europa. Allora, nel ’67, erano morti tre tecnici, mandarono i campioni ad analizzare. In quarant’anni non fecero nulla. Era un virus dell’Africa, che importa all’Europa? La cura non serve. Anche Maria denunciava questa indifferenza». Ne sapeva qualcosa, dopo aver lavorato come volontaria per quasi undici anni con “Medici per l’Africa Cuamm” tra Tanzania, Burkina Faso, Uganda, Angola. Nell’epidemia del 2004-2005, ufficialmente, morirono 102 bambini, «ma Maria parlava di almeno un migliaio di casi». Oggi, racconta, i suoi vecchi compagni di scuola hanno creato una fondazione (www.fondazionemariabonino.it) che prosegue la sua opera. «Sa, mia figlia aveva il carattere tenace di noi biellesi. Alla fine della sua vita, quando ormai stava morendo, ha lasciato scritto: credo di aver realizzato il sogno della mia vita». Corriere della Sera

Vetrata della cappella in centro al paese di San Vigilio di Marebbe.

Diacono Enrico Grassi di Reggio Emilia, amico delle case della carità.

Cristo nelle braccia di sua madre.

Il vostro blogger in costume tirolese.

È primavera, a Bolzano uno sciatore in città.

12 March 2009

I greco-cattolici di Romania – Una minoranza in pericolo

Stefano con degli amici di Monaco di Baviera.


La confessione religiosa prevalente in Romania è quella greco-ortodossa: circa l’87% della popolazione. Ma esistono anche i protestanti (7,5%), soprattutto nelle comunità di origine tedesca, e i cattolici (4,7%), in buona parte fedeli della Chiesa Romena Unita con Roma. Questi ultimi sono greco-cattolici, o, secondo l’espressione corrente, uniati, in tutto simili a quei cattolici dell’Ucraina occidentale che hanno conservato la liturgia greca ma riconoscono il primato del vescovo di Roma. Gli uni e gli altri rappresentano piccole ma importanti marche di frontiera lungo il confine che ha separato per molti secoli gli imperi d’Oriente (bizantino, ottomano, russo) dagli Stati del cristianesimo latino o riformato.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, gli uniati ucraini e romeni hanno sofferto una stessa sorte. Mentre la Chiesa ortodossa era “nazionale” e poteva rappresentare in alcune circostanze un docile alleato del sistema comunista, gli uniati erano “romani”, quindi stranieri e potenzialmente, nella percezione del regime, sleali. Un Sinodo convocato a Leopoli nel 1946 segnò la fine della Chiesa uniate ucraina e il trasferimento di tutti i suoi beni alla Chiesa ortodossa. Un decreto del governo di Bucarest nel dicembre 1948 produsse in Romania gli stessi effetti. Da quel momento la storia degli uniati ucraini e romeni fu una storia comune di persecuzioni e clandestinità.

Le loro strade si separarono alla fine della guerra fredda. Giovanni Paolo II approfittò della visita a Roma di Gorbaciov, alla fine del 1989, per sollevare la questione degli uniati ucraini e trovò nel leader sovietico un interlocutore attento, sensibile ai vantaggi che sperava di trarre da un gesto di amicizia verso la Santa Sede. Fu così che i greco-cattolici dell’Ucraina occidentale poterono ritornare in possesso dei loro beni. La restituzione infastidì la Chiesa ortodossa e contribuì a provocare una sorta di scisma fra Mosca e Kiev. Ma il capitolo ucraino si chiuse con la soddisfazione delle rivendicazioni degli uniati. Non altrettanto è accaduto in Romania dove i greco-cattolici vivono da allora in una sorta di limbo e hanno ottenuto soltanto qualche parziale restituzione. La nuova legge, ora in discussione alla Camera dei deputati di Bucarest, riconosce in linea di principio la libertà dei diversi culti presenti sul territorio romeno, ma taglia il nodo delle proprietà ecclesiastiche a vantaggio della chiesa ortodossa. In uno dei suoi articoli si legge che “nelle località rurali dove esistono comunità parrocchiali di entrambe le confessioni, e anche complessi monasteriali, costituiti in forma di persona giuridica, i beni sacri, il luogo di culto, la casa parrocchiale, il cimitero e i terreni afferenti sono di proprietà del culto maggioritario”. E in un altro dei suoi articoli è scritto che lo stesso metodo vale per le località urbane. In un Paese di 22 milioni di abitanti, dove i greco-cattolici sono, grosso modo, un milione, la legge, se approvata dal Parlamento, ridurrebbe drasticamente la proprietà immobiliare della Chiesa uniate.

La proposta ha suscitato reazioni e proteste. I sacerdoti greco-cattolici presenti in Italia hanno chiesto l’aiuto dei vescovi italiani. Il presidente del sinodo dei vescovi romeni, l’arcivescovo maggiore Lucian ha indirizzato una lettera al presidente della Romania Traian Basescu. E una lettera particolarmente indignata è giunta al capo dello Stato romeno dal vescovo John Michael Botean rappresentante di tutti i greco-cattolici degli Stati Uniti. Sergio Romano - Corriere della Sera


Günther con Davide.

06 March 2009

Crotone, settemila in corteo contro „tutte le mafie“.

Piano piano la primavera.

È carnevale.

Belinda, cavalla norica, si prepara a trainare la slitta.

1 marzo 2009

La manifestazione promossa dalle coop sociali cattoliche.


A Crotone, l’iniziativa antimafia, organizzata insieme al movimento cooperativo cattolico, sul palco Alex Zanotelli.

Una manifestazione partecipata a Crotone, 7mila persone, soprattutto giovani. Sul palco, fra gli altri, il vescovo Domenico Graziani, impegnato sul fronte anti-mafia ma anche espressione della parte più chiusa della chiesa sul tema dei diritti, c’era Alex Zanotelli, c’erano i ragazzi di “Ammazzateci tutti”.

Una marcia “contro tutte le mafie” che chiude una due giorni delle cooperative sociali di ispirazione cattolica organizzate nel consorzio Jobel, iniziata sabato con una veglia di preghiera e proseguita con un convegno. L’obiettivo del convegno è stato rafforzare la presenza del terzo settore in Calabria creando delle fondazioni di comunità che possono avere più facilmente accesso al credito e dare vita a cooperative di produzione, nell’agricoltura e nel turismo. Dice Santo Vazzano, presidente di Orizzonti nuovi, che questo serve anche “a by-passare le istituzioni politiche locali, a sottrarsi al ricatto della politica locale”. Jolanda Bufalini


STUDENTI ANTIMAFIA A LOCRI E CROTONE – www.ammazzatecitutti.org


Stefano in uniforme da maestro di sci con sci svizzeri "Stöckli".

Stefano maestro con una nidiata di bimbi. www.skisporting.com

Herbert, nostro cugino, maestro di sci.