12 April 2010

Basta con il chiacchiericcio! Adoriamo il Signore!

Gesú ci guarda!


É primavera!

Il vostro blogger a Bressanone. Cittá vescovile.

Stefano con padre Sylvester, missionario comboniano. Bressanone. www.comboni.de

Alex e Chiara.

PRETI SMARRITI TORNATE AL SILENZIO

Pochi. Vanitosi. Carrieristi. «Attivisti», vale a dire persi nell' azione minuta, nei convegni, quando non in tv, e dimentichi della liturgia e della loro vera missione. È un ritratto pieno di severità, oltre che di amore, quello che Massimo Camisasca dipinge dei sacerdoti nel suo nuovo saggio, Padre (pagine 221, 16) che le edizioni San Paolo mandano ora in libreria. L' autore è il biografo di don Giussani, lo storico di Cl - di cui è «ambasciatore» in Vaticano - il fondatore della fraternità San Carlo Borromeo che riunisce in case comuni sacerdoti da Roma alla Siberia, dall' Uruguay all' Africa nera. Nell' anno che la Chiesa dedica al sacerdozio, Camisasca ha scritto un libro molto «ratzingeriano». «Il prete - spiega l' autore - oggi è ucciso dalla sua proiezione verso l' esterno. È ucciso dall' attività, dai convegni, dai documenti. È molto spesso segnato negativamente dalle tecnologie. Occorre che il sacerdote riscopra il valore positivo del silenzio, della lettura, dello studio. Che ritrovi il proprio legame con il passato per potersi slanciare nel futuro. Che scenda in profondità nel determinare la propria agenda. Invece la vita del prete oggi è spesso parcellizzata in un' infinità di piccole risposte, che lo esauriscono e gli danno l' impressione di una vita sciupata e non donata». Per il prete, scrive Camisasca, «l' ancora della vita non può essere l' attività, l' azione. L' agire, il fare, l' operare sono realmente una fonte di alimentazione soltanto se, al fondo del nostro essere, noi sappiamo nutrirci continuamente del rapporto con Dio. Altrimenti l' azione ci svuoterà, ci stancherà e, dopo averci inebriato, ci distruggerà». Da qui, sostiene Camisasca, lo smarrimento. La ricerca di fama. L' abbaglio della superficialità. E anche lo sbandamento. Il cui rimedio, secondo Camisasca, non va cercato nel mettere in dubbio il celibato dei preti. «Il libro dedica molto spazio alla questione affettiva, che ha un ruolo fondamentale nella vita dei sacerdoti. Ma sono profondamente convinto - dice l' autore - che l' abolizione del celibato non porterebbe nessun bene alla vita dei preti. All' opposto, introdurrebbe nella loro vita problemi che l' appesantirebbero. Il celibato non è l' esclusione né degli affetti né della sessualità, ma è un uso diverso di essi. Il celibato non nasce dal disprezzo della vita familiare: le due vocazioni sono nate per integrarsi e sostenersi a vicenda. Non nasce dal disprezzo della sessualità. Ha, in ultimo, una sola ragione: la scelta di Gesù di essere interamente per il Padre e per i suoi». Sostiene Camisasca che, «perché sia possibile una vita affettiva matura, occorre che ci sia un padre. I vescovi devono dedicare più tempo ai loro sacerdoti e seminaristi: i preti devono fare l' esperienza di essere figli, per poter diventare padri del loro popolo. Alla radice della solitudine del prete c' è spesso un' agenda del vescovo troppo occupata in dibattiti, riunioni, incontri, che tolgono possibilità al prete di essere in contatto con lui». Fondamentale anche il tema dell' amicizia: «La Chiesa ne ha ancora molta paura. Ma non si arginano le patologie se non si aiuta lo sviluppo di una vita sana. Le amicizie morbose e negative, che non sono perciò propriamente amicizie, non devono chiuderci al valore essenziale di quei legami di preferenza che aprono all' amore per gli altri e ci aiutano a capire chi sia Dio». La crisi c' è e Camisasca non la nega. «Alla morte di Montini, nel ' 78, i sacerdoti diocesani erano oltre 41 mila. Al termine del grande pontificato di Wojtyla, che per molti ha coinciso con una rinascita della Chiesa e per taluni con un aumento del suo potere, erano 33 mila. Un quarto in meno. Il 60% dei sacerdoti italiani è stato ordinato prima del ' 78. Un clero invecchiato. Chiediamoci cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stato Giovanni Paolo II». I rimedi? «Occorre educare i giovani nei seminari a distaccarsi da una sessualità percepita solo come strada verso un godimento effimero; aiutarli a non temere la solitudine, il sacrificio, il dolore; aprire loro gli orizzonti mondiali cui li chiama una vocazione così concreta come il sacerdozio (in Africa e in Asia le vocazioni sono in grande aumento). E occorre che i preti tornino a studiare. Il silenzio, la riflessione non sono la negazione della vita attiva, ma la loro condizione. Fondamentale è il recupero della liturgia: se il sacerdote non ritrova il senso vero della liturgia nella sua vita non può ritrovare se stesso. La liturgia non è un' azione in cui il prete deve farsi notare. Non è il luogo della sua creatività personale, non è uno spettacolo. Non nego la positività del Vaticano II; dico che contemporaneamente è avvenuto un impoverimento da cui dobbiamo risollevarci».


Tinki.


Borgo di Val. San Vigilio di Marebbe.

Borgo di Val. San Vigilio di Marebbe.

Torpei. San Vigilio di Marebbe. Sullo sfondo i monti di Fanes.

Neve di primavera. Torpei. San Vigilio di Marebbe.

Stefano e Simon. www.skisporting.com