Casa parrocchiale di Pieve di Marebbe.
Il "tipì" a Ciamaor.
Una sigaretta "bidi" e una telefonata.
CITTÀ DEL VATICANO – In Iraq i cristiani erano appena il tre per cento prima della guerra “e la metà ha lasciato il Paese, cacciata con la forza e l’intimidazione dalle proprie case e costretta a fuggire in Siria e Giordania”; a Mosul – dove quasi un anno fa fu rapito e trovato morto il vescovo caldeo Paulos Faraj Rahho – “erano 25 mila ai tempi di Saddam Hussein ed ora sono cinquecento”; e in generale tra persecuzioni, violenze ed esodi obbligati si stanno riducendo al lumicino nelle terre dell’Antico e del Nuovo Testamento, i luoghi “apostolici” nei quali il cristianesimo è presente da quasi duemila anni e rischia di scomparire.
I vescovi iracheni sono arrivati ieri in Vaticano, hanno incontrato Benedetto XVI – le visite “ad limina” che proseguiranno oggi – e rilanciato l’allarme, perché il mondo non dimentichi: “Chiederò al Papa un sinodo per la Chiesa in Iraq e in tutto il Medio Oriente – spiegava l’arcivescovo Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk -, per i vescovi che vivono in Iraq, Siria, Giordania, Israele, Palestina e in tutta la regione, perché da soli non sappiamo organizzarci e un sinodo aiuterebbe tutti a studiare insieme alla Santa Sede, per definire il rapporto con l’Islam e il ruolo in politica, così come è gia stato fatto con il Libano”.
Il tono è desolato, “c’è un vuoto di presenza della Chiesa, siamo sempre di meno, e se non esiste una visione chiara i cristiani non rimarranno in Medio Oriente e lasceranno questa terra un tempo benedetta e ora maledetta”. Parole che sono una richiesta di aiuto, continua monsignor Sako, “il Santo Padre ha fatto tanto per noi e abbiamo ancora bisogno del suo aiuto. Grazie a Benedetto XVI, ai suoi continui appelli, i media internazionali hanno iniziato a parlare della causa irachena”.
Insomma, “il futuro dei cristiani in Iraq è molto oscuro”, riassume monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliario caldeo di Baghdad. Si guarda anche a cosa faranno gli Stati Uniti e l’amministratore Obama, il timore è che un ritorno repentino abbandoni il Paese a se stesso: “Bisogna prima portare pace e sicurezza e poi gli Stati Uniti possono lasciare il Paese. Abbiamo sofferto molto e ora vogliamo che qualcuno medichi le nostre ferite. Quando Obama dice di volere un ritiro responsabile speriamo che restituirà l’Irak agli iracheni. La democrazia non viene imposta, viene insegnata, ci vuole un’educazione alla democrazia. Portare pace e sicurezza è un dovere degli occupanti. Tante nazioni hanno interessi sull’Irak, ma noi vogliamo la pace”. E Sako: Obama? Se decide di ritirare i soldati, allora sarà un guaio. Forse ci sarà una guerra civile. Non abbiamo abbastanza soldati e poliziotti per controllare un Paese di 25 milioni di persone”, ha spiegato alla Radio Vaticana. I Cristiani, prima che si dimezzassero, erano 800 mila. Ma il dramma riguarda un intero popolo, “i profughi sono più di due milioni e mezzo”.
Chi scappa, intanto, vive “nell’indigenza, solo grazie agli aiuti delle associazioni umanitarie, con il miraggio sempre più lontano di ritornare forse un giorno in patria o di crearsi una nuova vita negli Stati Uniti o in Australia”, ha spiegato l’arcivescovo Sako a Radio Vaticana. Pochissimi sono i cristiani espatriati che tornano in Irak, “persone disperate che rientrano dalla Siria e dalla Giordania dove vivono nella miseria”. Corriere della Sera - G. G. V.
L’appello: “Abbiamo bisogno di aiuto, siamo isolati” – I vescovi iracheni incontrano il Papa
“Fuggiti da Baghdad per le violenze”. Louis Sako di Kirkuk: “Da soli non ce la facciamo, serve la guida della Santa Sede”.
“Fuggiti da Baghdad per le violenze”. Louis Sako di Kirkuk: “Da soli non ce la facciamo, serve la guida della Santa Sede”.
CITTÀ DEL VATICANO – In Iraq i cristiani erano appena il tre per cento prima della guerra “e la metà ha lasciato il Paese, cacciata con la forza e l’intimidazione dalle proprie case e costretta a fuggire in Siria e Giordania”; a Mosul – dove quasi un anno fa fu rapito e trovato morto il vescovo caldeo Paulos Faraj Rahho – “erano 25 mila ai tempi di Saddam Hussein ed ora sono cinquecento”; e in generale tra persecuzioni, violenze ed esodi obbligati si stanno riducendo al lumicino nelle terre dell’Antico e del Nuovo Testamento, i luoghi “apostolici” nei quali il cristianesimo è presente da quasi duemila anni e rischia di scomparire.
I vescovi iracheni sono arrivati ieri in Vaticano, hanno incontrato Benedetto XVI – le visite “ad limina” che proseguiranno oggi – e rilanciato l’allarme, perché il mondo non dimentichi: “Chiederò al Papa un sinodo per la Chiesa in Iraq e in tutto il Medio Oriente – spiegava l’arcivescovo Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk -, per i vescovi che vivono in Iraq, Siria, Giordania, Israele, Palestina e in tutta la regione, perché da soli non sappiamo organizzarci e un sinodo aiuterebbe tutti a studiare insieme alla Santa Sede, per definire il rapporto con l’Islam e il ruolo in politica, così come è gia stato fatto con il Libano”.
Il tono è desolato, “c’è un vuoto di presenza della Chiesa, siamo sempre di meno, e se non esiste una visione chiara i cristiani non rimarranno in Medio Oriente e lasceranno questa terra un tempo benedetta e ora maledetta”. Parole che sono una richiesta di aiuto, continua monsignor Sako, “il Santo Padre ha fatto tanto per noi e abbiamo ancora bisogno del suo aiuto. Grazie a Benedetto XVI, ai suoi continui appelli, i media internazionali hanno iniziato a parlare della causa irachena”.
Insomma, “il futuro dei cristiani in Iraq è molto oscuro”, riassume monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliario caldeo di Baghdad. Si guarda anche a cosa faranno gli Stati Uniti e l’amministratore Obama, il timore è che un ritorno repentino abbandoni il Paese a se stesso: “Bisogna prima portare pace e sicurezza e poi gli Stati Uniti possono lasciare il Paese. Abbiamo sofferto molto e ora vogliamo che qualcuno medichi le nostre ferite. Quando Obama dice di volere un ritiro responsabile speriamo che restituirà l’Irak agli iracheni. La democrazia non viene imposta, viene insegnata, ci vuole un’educazione alla democrazia. Portare pace e sicurezza è un dovere degli occupanti. Tante nazioni hanno interessi sull’Irak, ma noi vogliamo la pace”. E Sako: Obama? Se decide di ritirare i soldati, allora sarà un guaio. Forse ci sarà una guerra civile. Non abbiamo abbastanza soldati e poliziotti per controllare un Paese di 25 milioni di persone”, ha spiegato alla Radio Vaticana. I Cristiani, prima che si dimezzassero, erano 800 mila. Ma il dramma riguarda un intero popolo, “i profughi sono più di due milioni e mezzo”.
Chi scappa, intanto, vive “nell’indigenza, solo grazie agli aiuti delle associazioni umanitarie, con il miraggio sempre più lontano di ritornare forse un giorno in patria o di crearsi una nuova vita negli Stati Uniti o in Australia”, ha spiegato l’arcivescovo Sako a Radio Vaticana. Pochissimi sono i cristiani espatriati che tornano in Irak, “persone disperate che rientrano dalla Siria e dalla Giordania dove vivono nella miseria”. Corriere della Sera - G. G. V.
@ mail dall'arcivescovo caldeo di Kirkuk, Louis Sako alla famiglia Trevisan
grazie infinite. il progetto e stato dato al Santo Padre in Persona durante un incontro personale di 15 minuti. aspettiamo e preghiamo.
Con stima e affetto
dove sta p. Chediath?
louis
Con stima e affetto
dove sta p. Chediath?
louis
@ mail dalla famiglia Trevisan all'arcivescovo di Kirkuk, Louis Sako
Reverendissimo Arcivescovo, complimenti per il Vostro intervento a Roma per l'unitá dei cristiani e dei popoli cristiani oppressi in Irak.We are very closed to you. Tanti salutiAdriano, Patrizia, Stefano and Chiara Trevisanfrom Bolzano, Italyfriends of Padre Giorgio Chediath / India
@ mail dalla famiglia Trevisan a padre Giorgio Chediath, cristiano di rito malancarese, seminario di Trivandrum / India
Carissimo Padre Giorgio, Luis Sako ha fatto un grande intervento a Roma durante la settimana di preghiera per l'unitá dei cristiani. Il suo intervento, molto preciso sul pericolo della sparizione dei cristiani dall'Irak ha avuto risalto su tutti i quotidiani nazionali, dal Corriere della Sera ai giornali di area religiosa. Emma Rindler sta bene, ho visto suo figlio Elmar ieri mattina alle sette dopo la messa al Hotel Corona che leggeva il giornale ed é sereno. La giovane sposa lavora in un albergo di montagna e torna a casa tutte le sere. Il suo numero di telefono é 0474501250. Il parroco don Perathoner ha un brutto raffreddore, alla sua cuoca é stato fatto il trapianto della cornea, sono stato a trovarla all'ospedale e l'ho vista in ottima forma. Per favore telefona al parroco, gli fará sicuramente piacere, ieri gli ho portato i tuoi saluti. Il suo numero é 0474501006. Abbiamo parlato con padre Franziskus e ci dobbiamo assolutamente vedere. Uniti nella preghiera e nel mistero di Cristo Tanti saluti dalla tua famiglia italiana Adriano, Patrizia, Stefano e Chiara Trevisan