Don Merc Craffonara, 60 anni sacerdote con don Matteo, sacerdote del collegio Vinzentinum di Bressanone.
Don Tone Fiung, responsabile famiglie diocesi di Bolzano, don Heinrich Perathoner e don Matteo.
La banda musicale con il suo direttore fanno festa al giubilare.
Il presidente del consiglio parrocchiale con Robert Willeit, una bella festa.
Due preti novelli. Decisamente pochi rispetto alla quindicina che sono morti o hanno lasciato il ministero nel corso dell’ultimo anno.
E poi una canonica rinnovata ad arte (San Pietro di Laion) ma senza parroco. Due cartine al tornasole di come la società tirolese non possa più dirsi cattolica. Uno degli ordinati è infatti badiota, l’altro un germanico in forza all’abbazia di Novacella. Per gli anni venturi non spira un’aria migliore. La facciata della nostra terra, che pure si scandalizza per la rana in croce, copre per lo più il vuoto.
Tappare i buchi nell’organico: è questa la preoccupazione della Curia di Bolzano, che affibbia sempre più parrocchie a un singolo prete. Nel mondo tedesco almeno si parla di una riorganizzazione in “unità pastorali”, dove un paio di preti dovrebbero gestire con l’aiuto di diaconi e laici diverse parrocchie. Nella sezione curiale di lingua italiana si fa addirittura fatica a parlare del tema. I preti ne avvertono l’urgenza, la dirigenza prende tempo, anche se di tempo non ce n’è più.
La motivazione del clero è sottozero. Anche importanti decani si lamentano di un’assenza di visioni e di leadership. Non entro nei dettagli, che sarebbero penosi. Pochi parlano apertamente, non perché manchi il coraggio ma perché non vedono l’utilità. Tutto viene insabbiato e si affossa nel muro di gommapiuma della curia.
La motivazione degli operatori pastorali è al lumicino e anche gli insegnanti di religione sono in subbuglio, non sentendo a sufficienza tutelati i loro status e i loro diritti.
Che fare? Direi che si deve soprattutto invocare san Paolo (ieri si è inaugurato l’anno paolino, a celebrare i duemila anni dalla sua nascita) e la sua parhesia, la virtù della franchezza. E credo si debba meglio considerare l’esempio di quei preti che sono o sono stati spiriti liberi, capaci di profezia e di lettura dei segni dei tempi. Tra i tanti voglio nominare Max Josef Metzger, prete germanico impegnato nell’ecumenismo e nel pacifismo e per questo ghigliottinato da Hitler nel 1944. Cito un lungo ma illuminante brano da una lettera che egli scrisse dal carcere, con le mani legate, nel settembre 1943, un testo che dedico anche ai due neo-ordinati.
“Sono un sacerdote cattolico, e lo sono con anima e corpo. Tuttavia, la mia forma mentis non corrisponde all’idea che uno di solito si crea quando si immagina un prete. L’essere un funzionario di culto, il rivolgere le spalle al mondo, il distanziarsi dalla vita, la ristrettezza dello spirito, il legalismo e il razionalismo, tutto questo mi è completamente estraneo. Sono un uomo di giudizio indipendente, che ha un attivo interesse per ciò che avviene nel mondo. Il mio atteggiamento religioso è denominato del tutto dall’idea del Regno di Dio, dall’ethos del Vangelo, che avevo cercato di mettere in pratica nella mia vita personale e che, per un periodo della vita, avevo difeso di fronte ai singoli individui e alla società. (…)
Proprio e soltanto nella personale indipendenza da tutti i legami e i riguardi mi sembrava di soddisfare alla vocazione sacerdotale. Malgrado mi consideri un sacerdote senz’altro fedele alla Chiesa e come tale venga visto anche dagli altri, avevo assunto anche all’interno della Chiesa un orientamento spirituale indipendente, opponendomi a ogni zelotismo, fariseismo e a ogni tipo di ispirazione di potere politico, sforzandomi di raggiungere un comportamento essenzialmente religioso, corrispondente agli ideali del cristianesimo primitivo. (…) Di fronte a ogni problema avevo cercato di crearmi nella coscienza un mio giudizio personale indipendente. Appena mi era possibile giungere, dopo una seria verifica, a una chiara convinzione, la difendevo, sì, con cautela. Ma anche con audacia e resistenza fino alla caparbietà. Spesso mettevo a rischio la mia propri pelle per poter fare un passo in avanti laddove gli altri pensavano soltanto ai loro personali benefici. Molti mi guardavano come uno stravagante idealista e, come dicevano i miei amici, la mia sfortuna stava nel fatto di essermi battuto sempre per le idee e le verità alcuni anni e decenni prima che esse potessero essere capite.”
Il prete, insomma, come costruttore di futuro, non come custode di un passato che non torna più.
Priska di Pieve di Marebbe all'Alpe di Fanes.
Paul e sua sorella sulla via dei monti.
L'antica dimora a Sac, Pieve di Marebbe.
Un bel cristo davanti alla casa di Priska a Sac, Pieve di Marebbe.