Un primo sguardo deve rivolgersi al cardinale Newman, la cui vita e opera potrebbero ben essere designati come un unico grande commento al problema della coscienza. A chi non viene in mente, a proposito del tema “Newman e la coscienza”, la famosa frase della Lettera al Duca di Norfolk: “Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo – cosa che non è molto indicato fare – allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa?” Secondo l’intenzione di Newman, questo doveva essere una chiara confessione del papato, ma anche un’interpretazione del papato, il quale è rettamente inteso solo quando è visto insieme col primato della coscienza – dunque non ad essa contrapposto, ma piuttosto su di essa fondato e garantito.
A questo punto diventa chiara l’estrema radicalità dell’odierna disputa sull’etica e sul suo centro, la coscienza. Mi sembra che un parallelo adeguato nella storia del pensiero lo si possa trovare nella disputa tra Socrate - Platone e i Sofisti. In essa viene messa alla prova la decisione cruciale tra due atteggiamenti fondamentali: da una parte, la fiducia nella possibilità per l’uomo di conoscere la verità; dall’altra, una visione del mondo in cui l’uomo crea da se i criteri per la sua vita. Il fatto che Socrate, un pagano, sia potuto diventare in un certo senso il profeta di Gesù Cristo ha, secondo me, la sua giustificazione proprio in tale questione fondamentale.
Prendiamo in considerazione ancora un’idea di San Basilio: l’amore di Dio; che si concretizza nei comandamenti, non ci viene imposto dall’esterno, ma viene infuso in noi precedentemente. Il senso del bene è stato impresso in noi, dichiara Agostino. A partire da ciò siamo ora in grado di comprendere correttamente il brindisi di Newman prima per la coscienza e solo dopo per il Papa. Il Papa non può imporre ai fedeli cattolici dei comandamenti, solo perché egli lo vuole o perché lo ritiene utile. Una simile concezione moderna e volontaristica dell’autorità può soltanto deformare l’autentico significato teologico del papato. Così la vera natura del ministero di Pietro è diventata del tutto incomprensibile nell’epoca moderna precisamente perché in questo orizzonte mentale si può pensare all’autorità solo con categorie che non consentono più alcun ponte tra soggetto e oggetto. Pertanto tutto ciò che non proviene dal soggetto può essere solo una determinazione imposta dall’esterno.
Ma le cose si presentano del tutto diverse a partire da un’antropologia della coscienza. L’anamnesi infusa nel nostro essere ha bisogno, per così dire, di un aiuto dall’esterno per diventare cosciente di sé. Ma questo “dal di fuori” non è affatto qualcosa di contrapposto: esso ha una funzione maieutica, non le impone niente dal di fuori, ma porta a compimento quanto è proprio dell’anamnesi, cioè la sua interiore specifica apertura alla verità.
Joseph Ratzinger - Benedetto XVI